cucina,ricette La Cucina Economica: Pellegrino Artusi, l'anguilla

venerdì 28 febbraio 2014

Pellegrino Artusi, l'anguilla

         

Pellegrino Artusi, l'anguilla. L'anguilla, un animale misterioso con la passione per il viaggio. Nuotando controcorrente, dal mare, raggiunge i bacini di acqua dolce,


superando dislivelli per oltre 1000 metri. E dai bacini montanari, una volta nella sua lunga vita, torna al mare e nuota dritta, ovunque ella sia, fino al mar dei Sargassi per accoppiarsi e riprodursi, là dove nessuno la conosce.



490                ANGUILLA   

L'Anguilla vulgaris è un pesce dei più singolari. Benché il valligiano di Comacchio pretenda di conoscere, da certi caratteri esterni, il maschio e la femmina non si è riusciti ancora per quanto lo si sia studiato, a distinguerne il sesso, forse perché la borsa spermatica del maschio è simile all'ovario della femmina.
L'anguilla comune abita le acque dolci; ma per generare ha bisogno di scendere in mare. Questa discesa, che chiamasi la calata, ha luogo nelle notti oscure e principalmente nelle burrascose dei mesi di ottobre, novembre e dicembre, e n'è allora più facile ed abbondante la pesca. Le anguille neonate lasciano il mare ed entrano nelle paludi o nei fiumi verso la fine di gennaio e in febbraio, e in questo ingresso, che dicesi la montata, vengono pescate alla foce de' fiumi in gran quantità col nome di cieche e la piscicoltura se ne giova per ripopolare con esse gli stagni ed i laghi, nei quali, se manca la comunicazione con le acque salse del mare, non si possono riprodurre.
Recenti studi nello stretto di Messina hanno rilevato che questo pesce, e i murenoidi congeneri, hanno bisogno di deporre le uova negli abissi del mare a una profondità non minore di 500 metri, e che, a similitudine delle rane, subiscono una metamorfosi. Il Leptocephalus brevirostris che ha l'aspetto di una foglia di oleandro, trasparente come il vetro, ritenuto finora una specie a sé, non è che il primo periodo di vita, la larva di questo essere, che poi si trasforma in anguilla capillare, le così dette cieche le quali quando rimontano i fiumi in cerca delle acque dolci, non sono lunghe mai meno di cinquanta millimetri. Delle vecchie anguille poi, che sono scese al mare, non si sa che ne avvenga; forse restando nella profonda oscurità degli abissi marini, muoiono sotto a quella enorme pressione, o si modificano per adattarsi all'ambiente in cui si trovano.
Un'altra singolarità dei murenoidi in genere è quella del loro sangue, che iniettato nel torrente della circolazione dell'uomo è velenoso e mortale, mentre cotto e mangiato è innocuo.
L'anguilla, per la conformazione speciale delle sue branchie, a semplice fessura, per la sua forma cilindrica e per le squamme assai minute e delicate può vivere molto tempo fuori dell'acqua: ma ogni qualvolta si sono incontrate a strisciar sulla terra, il che avviene specialmente di notte, si sono viste proceder sempre nella direzione di un corso d'acqua, per tramutarsi forse da un luogo ad un altro, o per cercare, nei prati circostanti alla loro dimora, il cibo che consta di piccoli animali.
Sono celebri le anguille delle valli di Comacchio, paese della bassa Romagna, il quale si può dire viva della pesca di questo pesce che, fresco o marinato, si spaccia non solo in Italia, ma si spedisce anche fuori. È così produttivo quel luogo che in una sola notte buia e burrascosa dell'ottobre 1905 furono pescati chilogrammi 150.000 di anguille, e più meraviglioso ancora è il risultato finale della pesca di quell'annata che troverete descritto alla ricetta n. 688.
In alcuni luoghi d'Italia chiamassi capitoni quando son grosse, e bisatti quando son piccole ed abitano tutti i fiumi di Europa meno quelli che si versano nel Mar Nero, non eccettuato il Danubio e i suoi affluenti.
La sola differenza di forma tra l'anguilla d'acqua dolce e quella di mare, conosciuta col nome di conger o congro, è che la prima ha la mascella superiore più breve dell'inferiore e l'individuo prende meno sviluppo, imperocché trovansi dei conger fin di tre metri di lunghezza. Forse, da questo grosso pesce serpentiniforme, è derivata la favola del serpente di mare, sostenuta un tempo anche da persone degne di fede che ne esageravano la grandezza, probabilmente per effetto di allucinazione.


491             ANGUILLA ARROSTO       

Potendo, preferite sempre le anguille di Comacchio che sono le migliori d'Italia se non le superano quelle del lago di Bolsena rammentate da Dante.
Quando l'anguilla è grossa e si voglia cuocere allo spiedo è meglio spellarla. Tagliatela a rocchi lunghi tre centimetri ed infilateli tra due crostini con qualche foglia di salvia oppure di alloro se non temete che questo, pel suo odore troppo acuto, vi torni a gola. Cuocetela in bianco a fuoco moderato e per ultimo datele una bella fiammata per farle fare la crosticina croccante. Per condimento sale soltanto e spicchi di limone quando si manda in tavola.
L'anguilla mezzana, a parer mio, riesce più gustosa cotta in gratella con la sua pelle, la quale, rammollita con agro di limone quando è portata in tavola, può offrire, succhiandola, un sapore non sgradito. Per condimento sale e pepe soltanto. I Comacchiesi, per la gratella adoperano anguille mezzane, le spellano se sono un po' grosse, le ripuliscono soltanto se sottili, le inchiodano con la testa sopra un'asse, le sparano con un coltello tagliente, levano la spina e così aperte con le due mezze teste, le mettono in gratella, condite solo di sale e pepe a mezza cottura. Le mangiano bollenti.
L'anguilla richiede nel pasteggiare vino rosso ed asciutto.


492             ANGUILLE ALLA FIORENTINA   

Prendete anguille di mezzana grandezza, sbuzzatele e spellatele praticando una incisione circolare sotto alla testa, che terrete ferma con un canovaccio onde non isgusci per l'abbondante mucosità di questo pesce, e tirate giù la pelle che verrà via tutta intera. Allora tagliatela a pezzi lunghi un dito o poco meno, che condirete con olio, sale e pepe, lasciandoli stare per un'ora o due.
Per cuocerle servitevi di una teglia o di un tegame di ferro, copritene il fondo con un velo d'olio, due spicchi d'aglio interi e foglie di salvia; fate soffriggere per un poco e, presi i pezzi dell'anguilla uno alla volta, involgeteli nel pangrattato e disponeteli nel tegame uno accanto all'altro versando lor sopra il resto del condimento. Cuoceteli fra due fuochi e quando avranno preso colore, versate nel tegame un gocciolo d'acqua.
La carne di questo pesce, assai delicato e gustoso, riesce alquanto indigesta per la sua soverchia oleosità.


493             ANGUILLA IN UMIDO      

Meglio è che per questo piatto le anguille siano grosse anzi che no, e, senza spellarle, tagliatele a pezzetti corti. Tritate un battuto piuttosto generoso di cipolla e prezzemolo, mettetelo al fuoco con poco olio, pepe e sale e quando la cipolla avrà preso colore gettateci l'anguilla. Aspettate che abbia succhiato il sapore del soffritto per tirarla a cottura con sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua. Procurate che vi rimanga dell'intinto in abbondanza se volete servirla in tavola sopra a crostini di pane arrostito appena. Sentirete un manicaretto delicato, ma non confacente a tutti gli stomachi.


494                 ANGUILLA COL VINO     

Prendete un'anguilla di circa mezzo chilogrammo, o più d'una, dello stesso peso in complesso, non essendo necessario per questo piatto che siano grosse; strofinatele con la rena per nettarle dalla mucosità, lavatele e tagliatele a rocchi. Ponete in un tegame uno spicchio d'aglio tagliato a fettine, tre o quattro foglie di salvia tritata all'ingrosso, la corteccia di un quarto di limone e non molto olio. Mettetelo al fuoco e, quando il soffritto avrà preso colore, collocateci le anguille e conditele con sale e pepe. Allorché l'umido comincia a scemare andate scalzandole con la punta di un coltello onde non si attacchino e rosolate che siano versateci sugo di pomodoro o conserva, e rivoltatele. Rosolate anche dall'altra parte, versateci un buon dito di vino rosso o bianco asciutto mischiato a due dita d'acqua, copritele e lasciatele finir di cuocere a fuoco lento. Mandatele in tavola con alquanto del loro intinto e servitele a quattro persone, a cui potranno bastare.


   495     ANGUILLA IN UMIDO ALL'USO DI COMACCHIO

I Comacchiesi non fanno mai uso d'olio per condir l'anguilla in qualunque modo essa venga cucinata, il che si vede anche da questo umido che potrebbe pur chiamarsi zuppa o cacciucco di anguille. Infatti codesto pesce contiene tanto olio in sé stesso che l'aggiungerne guasta anziché giovare. La prova fattane avendo corrisposto alla ricetta favoritami, ve la descrivo tal quale.

"Per un chilogrammo di anguille prendete tre cipolle, un sedano, una bella carota, prezzemolo e la buccia di mezzo limone. Tagliate tutto, meno il limone, a pezzi grossi e fate bollire con acqua, sale e pepe. Tagliate le anguille a rocchi, lasciando però i rocchi uniti tra loro da un lembo di carne. Prendete un pentolo adatto e fategli in fondo uno strato di anguilla cui sopraporrete uno strato delle verdure dette di sopra e quasi cotte (gettando via il limone), poi un altro strato d'anguilla, un altro di verdura, ecc., fin che ce ne cape. Coprite tutto coll'acqua dove le verdure bollirono; mettete il pentolo ben turato a bollire adagio, scuotendolo, girandolo, ma non frugando mai col mestolo perché spappolereste ogni cosa. Noi usiamo circondare il pentolo di cenere e brace fin più che a mezzo, davanti a un fuoco chiaro di legna, sempre scuotendo e girando. Quando i rocchi, che erano uniti per un lembo, si staccano l'un dall'altro, son presso che cotti. Aggiungete allora un buon cucchiaio di aceto forte, conserva di pomodoro e assaggiate il brodo per correggerlo di sale e di pepe (siate generosi); fate dare altri pochi bollori e mandate magari il pentolo in tavola, perché è vivanda di confidenza. Servite in piatti caldi, su fette di pane". Avverto io che qui si tratta di anguille mezzane e non ispellate, che le cipolle, se sono grosse, due bastano e che due bicchieri d'acqua saranno sufficienti per cuocere le verdure. Le fette del pane sarà bene di asciugarle al fuoco senza arrostirle.


496  ANGUILLA COI PISELLI     


Mettetela in umido come quella del n. 493 e quando è cotta levatela asciutta per cuocere i piselli nel suo intinto. Rimettetela poi fra i medesimi per riscaldarla e servitela. Qui non ha luogo sugo di pomodoro, ma acqua se occorre.

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